sabato 24 maggio 2014

Montello

Il Montello in navigazione (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)

Piroscafo da carico da 6117 tsl e 3616 tsn, lungo 123 metri e largo 16,6, pescaggio 10,2 metri, velocità 11 nodi. Appartenente alla Navigazione Alta Italia, iscritto con matricola 1439 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

17 dicembre 1926
Varato nei Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di costruzione 95).
Gennaio 1927
Completato per la Società Anonima di Navigazione Alta Italia, con sede a Genova (o Torino).


Il Montello in costruzione (sopra: archivio Carlo Gatti, via www.marenostrumrapallo.it; sotto: g.c. Stefano Lorenzini)



Il varo del Montello (sopra: g.c. Nedo B. Gonzales; sotto, da “Riva Trigoso il suo cantiere e la sua storia” di E. Bo, via Franco Lena, entrambi da www.naviearmatori.net)


8 ottobre 1933
Nella notte il Montello, in navigazione in Atlantico, trova una scialuppa 110 miglia a nordovest di Bermuda e soccorre i cinque superstiti (il comandante, capitano George Couvielos, il nostromo Vassilis Paddas, il cuoco Panaglo Diacatos ed i marinai Isadore Cheras e Johannus Mathlsen) dei 26 uomini dell’equipaggio del piroscafo greco Annoula, naufragato in un uragano al largo della costa del North Carolina (nel punto 34°30’ N e 64°40’ O, a 600 miglia da Capo Lookout in North Carolina ed a 60 dal punto dove è stata trovata la scialuppa) all’1.30 del 7 ottobre. I sopravvissuti ricevono a bordo del Montello le prime cure: quattro, non avendo riportato ferite ma avendo solo subito gli effetti di 36 ore trascorse senza cibo in una scialuppa scoperta nel mare in tempesta, si riprendono in breve tempo, mentre il capitano Couvielos dev’essere ‘ricoverato’ in una cabina e successivamente, dopo l’arrivo in porto, trasferito in ospedale, pur non avendo riportato ferite gravi. Il Montello comunica l’accaduto via radio (il 10 ottobre), invitando qualsiasi altra nave in zona a cercare i 21 dispersi (ma invano) e porta poi i naufraghi a Philadelphia, dove giunge il 12 ottobre.
23 ottobre 1939
Alle 16 il Montello ed il transatlantico Rex passano a poca distanza dal sommergibile tedesco U 37 in agguato nello stretto di Gibilterra (la seconda guerra mondiale è iniziata da sette settimane, l’Italia è ancora neutrale). L’U 37, avendo inizialmente scambiato i due mercantili italiani per navi da guerra, si prepara ad attaccarli, ma poi li identifica correttamente.
31 maggio 1940
Requisito dalla Regia Marina.
3 agosto 1940
Derequisito dalla Regia Marina.
29 ottobre 1940
Nuovamente requisito dalla Regia Marina (mai iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato).
6 gennaio 1941
Il Montello salpa da Napoli alle 14 insieme alla motonave Giulia (per altra fonte, Andrea Gritti) ed al piroscafo Maddalena Odero, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Caralis.
9 gennaio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 9.30 (o 10).
5 febbraio 1941
Il Montello, il piroscafo Capo Orso e la motonave Riv lasciano Tripoli alle 5.30 per rientrare a Napoli, scortati dall’incrociatore ausiliario Francesco Morosini.
8 febbraio 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 8.
(Sempre il volume U.S.M.M. "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941" fornisce la notizia, contrastante con quanto riportato dallo stesso libro nella cronologia, che il Montello avrebbe lasciato Tripoli già il 12 gennaio insieme a Gritti, Maddalena Odero e Caralis il 12 gennaio, arrivando a Palermo alle 8.30. Sembra tuttavia probabile un errore).
 
Il Montello in porto (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)

L'affondamento

Alle 19.30 del 1° giugno 1941 il Montello lasciò Napoli alla volta di Tripoli, facendo parte del convoglio «Aquitania»: componevano tale convoglio, oltre al Montello, i piroscafi Aquitania, Caffaro, Nirvo e Beatrice C. e la moderna motonave cisterna Pozarica. Parte del carico del convoglio era destinato alla 5a Squadra dell’Aeronautica della Libia; il Montello trasportava benzina in fusti e munizioni, in tutto 4500 tonnellate di carico, rifornimenti di grande importanza ma anche pericolosissimi in caso di attacco. A bordo del piroscafo vi erano 30 membri dell'equipaggio civile, 11 dell'equipaggio militare e due operai diretti in Libia, per un totale di 43 uomini al comando del capitano di lungo corso Lazzaro Bertolotto, camogliese.
La scorta diretta era costituita dai cacciatorpediniere Aviere (capitano di vascello Luciano Bigi, caposcorta), Dardo, Geniere e Camicia Nera e dalla vecchia torpediniera Giuseppe Missori. Per l’occasione – l’«Aquitania» era uno dei più grandi convogli sino ad allora inviati in Libia, ed in assoluto uno dei più grandi dell’intera battaglia dei convogli nordafricani – era stata assegnata anche una consistente forza di copertura a distanza, costituita dagli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi e dai moderni cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino (la VIII Divisione Navale, al comando dell’ammiraglio di divisione Antonio Legnani), che partirono da Palermo. Infine, due caccia FIAT CR. 42 volavano sul cielo del convoglio, costituendone la scorta aerea.
Il convoglio, che procedeva sulla rotta del Canale di Sicilia ad una velocità non superiore agli otto nodi (ben pochi: uno dei più lenti convogli del periodo), fu però avvistato già il 2 giugno sia da un sommergibile britannico (la cui presenza fu segnalata al convoglio, che eseguì una diversione dalla rotta proprio il 2 mattina, per evitarlo) che da un idroricognitore Short Sunderland (che lo trovò il mattino del 2, a sud di Pantelleria), i quali comunicarono quanto visto: poco dopo mezzogiorno decollarono da Malta, per attaccare le navi italiane, cinque bombardieri Bristol Blenheim (per altra fonte, erronea, dei Martin Maryland) del 139th Squadron della Royal Air Force.
Intorno alle 14 il convoglio venne avvistato dagli aerei britannici, che però, avendo notato i due CR. 42 della scorta aerea, si astennero dall’attaccare e si tennero invece a distanza, volando bassi sul mare, pedinando il convoglio ed aspettando che si presentassero condizioni favorevoli per l’attacco. Alle 14.15 anche alcune delle navi italiane avvistarono i Blenheim, molto lontani sulla dritta e bassi sul mare, con rotta quasi parallela a quella del convoglio e direzione verso la Tripolitania; ma, dato che all’epoca gli attacchi aerei diurni non erano ancora divenuti molto frequenti, ritennero che si trattasse di bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 (o aerei da trasporto, sempre Junkers). Subito dopo, comunque, gli aerei vennero nuovamente persi di vista.
Alle 14.30 (16.30 per altra fonte) si concretizzò l’evento che i Blenheim auspicavano: i due CR. 42, dovendo tornare alla base, lasciarono il convoglio e vennero rilevati da un idrovolante antisommergibile CANT Z. 501, un velivolo lento, superato, poco armato: inadatto a contrastare un attacco aereo (e difatti era impiegato nella scorta antisommergibile).
Il convoglio si trovava in quel momento in posizione 35°25’30” N e 11°57’30’ E (tra le isole Pelagie e la costa tunisina), circa venti miglia a nordest delle Isole Kerkennah e dodici miglia a nordest della boa numero 1 delle secche di Kerkennah, al largo della Tunisia.
Il CANT Z. 501 si pose a proravia del convoglio in funzione di ricognizione antisommergibile, ed alle 14.45 i Blenheim passarono all’attacco: volando a 500 metri di quota, raggiunsero il convoglio provenendo da poppavia e lo risalirono dalla coda alla testa sganciando le loro bombe.
Le navi della scorta stavano navigando sui lati del convoglio a difesa dei mercantili, il sole era quasi sceso sull’orizzonte, quando il rombo di motori preannunciò l’arrivo degli aerei nemici, che si avvicinarono bassi sul mare (ad appena 50 metri di quota), provenendo quasi esattamente dalla direzione del sole; l’attacco fu fulmineo, a sorpresa. I Blenheim vennero avvistati a circa quattro chilometri di distanza, verso dritta; si avvicinarono al convoglio volando in formazione a triangolo. Prima ancora che fosse possibile riconoscerne la nazionalità, divenne evidente avevano intenzione di attaccare. Il caposcorta diede subito l’avvistamento e richiese l’invio di aerei da caccia, dopo di che tutte le navi, mercantili ed unità di scorta, aprirono il fuoco con le mitragliere. Le navi scorta sul lato sinistro, tuttavia, avevano il campo di tiro ostruito proprio dai bastimenti mercantili: dato che gli aerei volavano molto bassi, erano quasi coperti dai piroscafi. Una volta arrivati in prossimità del convoglio, gli aerei accostarono leggermente alla loro sinistra, come per evitare le unità di scorta; arrivarono sopra i piroscafi di coda, risalirono la formazione e sganciarono le bombe sul convoglio, senza neanche tentare una minima cabrata.
Secondo una versione, uno dei Blenheim venne abbattuto durante l’avvicinamento (a seconda delle fonti, dal tiro contraereo delle navi del convoglio, o dai CR. 42 dei tenenti Marco Marinone ed Antonio Bizio, ambedue appartenenti alla 70a Squadriglia del 23° Gruppo Caccia Terrestre) e precipitò in mare in fiamme, ma gli altri sganciarono con precisione le loro bombe, che andarono a segno. Dopo aver sganciato, si allontanarono verso est, sempre volando bassi, vanamente inseguiti dal tiro contraereo delle navi.
Il Beatrice C. fu incendiato e dovette essere abbandonato dall’equipaggio (fu più tardi affondato dal Camicia Nera), ma molto peggio andò al Montello, il quale, dopo essere stato colpito da almeno una bomba, e probabilmente di più (a sganciarle fu il Blenheim pilotato dal capitano Sydney Bill Smith, con osservatore il sergente Norman Henry Shepherd, poi decorati rispettivamente con la Distinguished Flying Cross e la Distinguished Flying Medal), eruppe in una colossale esplosione: un’immane palla di fuoco avvolse la nave e si levò dal mare in una fiammata, mentre un’imponente colonna di fumo si levava nel cielo. Una pioggia di schegge di tutte le forme e dimensioni fu proiettata in tutte le direzioni, irraggiando tutte le altre navi del convoglio; l’esplosione fu tanto tremenda da lanciare rottami fino a trecento metri di altezza e travolgere anche uno dei bombardieri attaccanti, che fu investito dal vortice e cadde in mare (secondo fonti britanniche questo, contrassegnato V5860, fu l’unico aereo perduto nell’attacco: morì sul colpo il pilota, colonnello Neville Ester Wetherell Pepper, che aveva guidato la seconda sezione all'attacco, mentre vennero recuperati dalle navi italiane i sergenti Thomas Eric Hyde e L. Pickford, il primo dei quali morì per le ferite nell’ospedale di Tripoli. Un altro aereo, il V5460 pilotato dal maggiore J. Thompson, venne invece gravemente danneggiato, ma riuscì a rientrare a Malta). Trascorsa meno di una decina di secondi, era tutto finito. Sul mare, là dove pochi istanti prima era stato un piroscafo di seimila tonnellate, galleggiavano solo una chiazza oleosa e qualche piccolissimo rottame.
Così sintetizzò la fine del Montello, nel suo rapporto, il caposcorta Luciano Bigi: «Un’enorme fiammata, un’altissima colonna di fumo e dopo pochissimi secondi non rimaneva sul mare che una macchia oleosa e qualche minutissimo rottame». Un guardiamarina imbarcato sulla Missori ne diede questa descrizione, più dettagliata ma non diversa nella sostanza: «... si navigava ai due lati del convoglio per dare protezione; il sole era prossimo all'orizzonte, quando all'improvviso un rombo di motori ci segnalò l'arrivo di aerei bassi sul mare e controsole: pochi istanti e poi uno scoppio terribile; il Montello era scomparso in un pallone di fuoco; l'esplosione improvvisa delle munizioni di cui era carica la  nave fu così violenta che provocò la caduta di uno degli aerei assalitori rimasto prigioniero del vortice e la caduta di una miriade di schegge di ogni forma e dimensione che seppellirono colpendo tutte le navi del convoglio sparse in tutto l'orizzonte. Tutti rimanemmo attoniti e sconvolti dall'incredibile avvenimento: in meno di dieci secondi la nave era sparita, letteralmente dissolta in aria e con la nave tutto il povero equipaggio».
La Missori, dopo che il suo equipaggio si ebbe riavuto, poté soltanto salvare i due avieri britannici dell’aereo precipitato. Nessuno del Montello si era salvato.

L’esplosione del Montello (la foto fu scattata dallo stesso “affondatore”, il capitano Sydney "Bill " Smith, che in tempo di pace era un giornalista. Foto pubblicata sul “Daily Express” del 5 luglio 1941, pervenuta tramite Stefano Lorenzini)

L’equipaggio civile del Montello, perito al completo:

Maurizio Aicardi, secondo ufficiale, 46 anni, da Imperia
Antonio Alfonso, allievo ufficiale, 20 anni, da Alghero
Lazzaro Bertolotto, comandante, 48 anni, da Camogli
Luciano Bertolucci, primo ufficiale, 26 anni, da Viareggio
Francesco Bracco, carpentiere, 56 anni, da Lerici
Italo Cadeddu, allievo macchinista, 18 anni, da Cagliari
Lorenzo Carniglia, marinaio, 33 anni, da Riva Trigoso
Guido Casabruna, fuochista, 37 anni, da Marciana Marina
Ernesto Cavalli, fuochista, 34 anni, da Monterosso
Edoardo Conti, cameriere, 38 anni, da La Maddalena
Salvatore Coscia, marinaio, 40 anni, da Torre del Greco
Luigi Costa, marinaio, 28 anni, da Camogli
Giovanni Fabrizio, marinaio, 28 anni, da Termoli
Giacomo Ferrari, fuochista, 40 anni, da Genova Nervi
Ferdinando Ferraro, nostromo, 46 anni, da Giglio
Andrea Incandela, capo fuochista, 43 anni, da Trapani
Michelangelo Laudani, direttore di macchina, 50 anni, da Catania
Costantino Lelli, fuochista, 45 anni, da Civitavecchia
Guglielmo Lorenzini, operaio fuochista, 47 anni, da Riomaggiore
Aniello Marasco, marinaio, 26 anni, da Torre del Greco
Vincenzo Motta, secondo macchinista, 39 anni, da Gavi
Francesco Onorato, carbonaio, 50 anni, da Torre del Greco
Francesco Pino, cambusiere, 52 anni, da Imperia
Vincenzo Pulitano, mozzo, 17 anni, da Bianco Nuovo
Nunzio Scaduto, primo macchinista, 39 anni, da Palermo
Nando Sommovigo, cuoco, 29 anni, da La Spezia
Rinaldo Tonelli, mozzo, 18 anni, da Genova
Giuseppe Zichicchi, marconista, 30 anni, da Trapani
Giovanni Zolezzi, fuochista, 35 anni, da Zoagli
Gino Zolla, giovanotto, 19 anni, da Ameglia
 
L'equipaggio militare ed i due operai diretti in Libia:

Cartago Bertuccelli, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Viareggio
Ernesto Bianco, sottocapo segnalatore, da Milano
Vincenzo Caccamo, sergente cannoniere, da Palermo
Edoardo Calari, secondo capo meccanico, da Monzano
Giovanni Finocchiaro, tenente del Genio Navale, da Giarre
Federico Morvillo, operaio militarizzato, da Castellammare di Stabia
Beniamino Pes, marinaio segnalatore, da Sassari
Umberto Rolla, marinaio servizi vari, da Livorno
Enrico Savi, marinaio cannoniere armaiolo, da Napoli
Vincenzo Spagnuolo, operaio militarizzato, da Castellammare di Stabia
Filippo Ventimiglia, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Terrasina
Vincenzo Verardi, marinaio servizi vari, da Napoli

Lapide in memoria di Giuseppe Zichichi nel cimitero di Trapani (g.c. Giuseppe Romano)


Atto di scomparizione in mare dell’equipaggio militare del Montello (g.c. Michele Strazzeri)





Si ringrazia Stefano Lorenzini, nipote del fuochista Guglielmo Lorenzini.


4 commenti:

  1. Il vostro ricordo è sempre nei nostri cuori
    Ciao nonno Guido, ti vogliamo bene

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    1. Ciao anche mio nonno era imbarcato sul Montello.

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  2. Sono Fausto il figlio del fuochista FERRARI GIACOMO di Genova Nervi perito sul Montello, non ho mai conosciuto mio padre avevo 9 mesi quando è morto, nonostante ciò lo tengo sempre nel cuore. Ringrazio per le preziose notizie trovate sul sito.

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  3. grazie mille delle notizie
    sono il nipote di Francesco Bracco di Lerici fratello di mio nonno
    ho sempre sentito parlare in casa di questa tragedia grazie per avere dato tante notizie

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