domenica 12 ottobre 2014

Venezia Giulia

Disegno della nave nel manuale di riconoscimento ONI 208 della Marina statunitense (da www.lemairesoft.sytes.net)

Piroscafo da carico da 5387 tsl e 3272 tsn, lungo 122,8 metri e largo 16, pescaggio 8,38 m, velocità 10 nodi.

Breve e parziale cronologia.

1927
Impostato nei cantieri Robert Duncan & Co. Ltd. (East Yard) di Port Glasgow (numero di cantiere 386).
21 agosto 1928
Varato nei cantieri Robert Duncan & Co. Ltd. di Port Glasgow come Tomislav.
1928
Completato per la compagnia Jugoslavenska Amerikanska Plovidba di Ragusa/Dubrovnik.
1929-1941
Presta servizio per il Jugoslavenski Lloyd.
18 settembre 1935
Il Tomislav incappa in una violentissima tempesta al largo dell’Europa nordoccidentale, perdendo un marinaio.
10-26 settembre 1940
Il Tomislav lascia Bombay il 10 settembre diretto a Suez facendo parte del convoglio britannico «BN 5» (composto da 23 mercantili scortati da due sloops ed un incrociatore ausiliario). In Mar Rosso, il 19 settembre, il convoglio viene attaccato da aerei della Regia Aeronautica di base in Africa Orientale Italiana, da dove partono anche quattro cacciatorpediniere (Leone, Pantera, Daniele Manin e Cesare Battisti) e due sommergibili (Archimede e Guglielmotti), che tuttavia non riescono a trovare il convoglio, che arriva a destinazione senza perdite (solo la motonave britannica Bhima è stata danneggiata dagli attacchi aerei) il 26 settembre.
20-28 ottobre 1940
Riparte il 20 ottobre da Suez con il convoglio «BN 7» (34 mercantili), che si disperde al largo di Aden, al di fuori della zona pericolosa, il 28 ottobre.
22 aprile 1941
Il Tomislav, proveniente da Melbourne via Manila a noleggio della Commissione Australiana per il Grano (Australian Wheat Board), giunge sul fiume Whangpoo, a Shanghai. Nei giorni in cui è stato in viaggio, la Jugoslavia è stata rapidamente invasa ed occupata dalle forze dell’Asse, a partire dal 6 aprile, sino alla resa annunciata il 17 (in Jugoslavia, tutte le navi mercantili sono state catturate e sono diventate italiane; il Tomislav è uno dei pochi mercantili di grande tonnellaggio della flotta mercantile jugoslava, composta in massima parte da piroscafetti e navicelle costiere). All’arrivo del Tomislav a Shanghai, un reparto di fanti di Marina italiani sale a bordo del piroscafo e ne decreta il sequestro, affermando che la nave è stata acquistata dal Lloyd Triestino. Un portavoce della Marina giapponese, tuttavia, sostiene che il trasferimento (giustificato da parte italiana con la necessità d’impedire che la nave cada in mano britannica, ma avversato dalle autorità nipponiche ancora intenzionate, almeno ufficialmente, a mantenere la guerra lontana dall’Oriente) non è valido secondo il codice marittimo cinese, a meno che non sia registrato presso il governo cinese.
23 aprile 1941
Guardie doganali e polizia fluviale di Shanghai tentano di salire a bordo del Tomislav per indagare sul suo sequestro, ma vengono respinti, sotto la minaccia delle mitragliatrici, dai fanti di Marina italiani. Il comandante del porto (cinese ma dipendente dalle autorità giapponesi) sporge una protesta ufficiale presso il console generale italiano.
28 aprile 1941
Mentre il sequestro del Tomislav rischia di diventare un incidente tra Italia e Giappone, otto guardie doganali cinesi, a seguito delle discussioni intercorse tra le due nazioni, salgono a bordo del piroscafo per vigilare su di esso insieme ai militari italiani (a bordo vi sono 18 fanti di Marina italiani), sino alla conclusione della controversia.
Alla fine le autorità italiane dovranno rilasciare il Tomislav, che tuttavia rimarrà a Shanghai sino ad ottobre, ormeggiato sul Whangpoo: la disputa continua.
31 ottobre 1941
A Shanghai, la sera del 31 una compagnia di fanti di Marina italiani sale nuovamente a bordo del Tomislav e lo pone sotto sequestro, costringendone il comandante e l’equipaggio, armi alla mano, a scendere a terra, abbandonando la nave ed anche i propri effetti personali. Al comandante del piroscafo, capitano Rovolini, viene comunque offerta ospitalità sul transatlantico Conte Verde, internato a Shanghai, ma Rovolini rifiuta. Vi sono nuovi attriti tra le autorità italiane e quelle giapponesi, che tuttavia questa volta non intervengono.
Tutte le tracce della proprietà jugoslava vengono rimosse, ed il fumaiolo viene riverniciato con i colori del Lloyd Triestino. Ribattezzato Venezia Giulia, il piroscafo entra in servizio sotto bandiera italiana (senza però essere requisito dalla Regia Marina od iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato), con un equipaggio composto da marittimi istriani e giuliani, al comando del capitano Severi.
19 novembre 1941
Lascia Shanghai diretto in Giappone.
1° dicembre 1941
Il Venezia Giulia viene noleggiato dalla Teikoku Senpaku Kaisha, una compagnia totalmente controllata dal governo giapponese, e viene ribattezzato Teian Maru (le fonti italiane sembrano non prendere atto di questo cambio di nome, continuando a chiamare la nave Venezia Giulia) ed impiegato come trasporto alle dipendenze delle autorità civili, mantenendo l’equipaggio italiano. La nave riceve il nominativo radio JDGR.

L’affondamento

Per conto delle autorità giapponesi, il Venezia Giulia/Teian Maru era impiegato per trasportare carbone tra le isole dell’arcipelago giapponese. Il 5 gennaio 1942 la nave salpò da Muroran (Hokkaido) diretta a Yokohama, carica di carbone. La navigazione procedette tranquilla: non era passato neanche un mese da Pearl Harbor, e gli Alleati non si erano per nulla ripresi dai colpi subiti. Le forze giapponesi continuavano la loro avanzata nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Indiano, mentre le truppe statunitensi, olandesi e del Commonwealth non potevano far altro che arretrare subendo gravi perdite, e le loro forze navali erano decimate dagli attacchi nipponici. L’Oceano Pacifico appariva saldamente sotto il controllo delle forze giapponesi.
Alle 00.50 del 9 gennaio 1942 le vedette del sommergibile statunitense Pollack, al comando del capitano di corvetta Stanley P. Moseley, avvistarono ad ovest-sud-ovest una nave che procedeva con le luci di via accese, sebbene offuscate. In quelle stesse acque, due giorni prima, il Pollack aveva affondato la carboniera giapponese Unkai Maru n. 1, ottenendo così il primo successo dei sommergibili statunitensi nella guerra del Pacifico.
Il battello manovrò per avvicinarsi al piroscafo, restando in superficie ed approfittando della notte, ed all’1.30 lanciò due siluri con i tubi di prua, ma entrambe le armi mancarono il bersaglio.
Alle 4.40 circa il Pollack lanciò altri due siluri, questa volta dai tubi di poppa: uno (o forse tutti e due) colpì il bersaglio, che era proprio il Teian Maru, o Venezia Giulia, che si apprestava ad entrare a Yokohama. Il siluro (od i siluri) esplose in sala macchine, uccidendo otto uomini e ferendone molti altri, tra cui anche il comandante Severi.
Mentre il piroscafo iniziava ad affondare, l’equipaggio si mise in salvo sull’unica scialuppa che fosse rimasta intatta, ma il primo ufficiale Zampagni, prima di allontanarsi, volle tornare a bordo per cercare di recuperare la cassa di bordo. Tale decisione gli fu fatale: mentre l’ufficiale era a bordo, il Venezia Giulia si spezzò in due ed affondò di poppa nel punto 35°00’ N e 140°36’ E, una quarantina di miglia a sud-sud-ovest di Inubozaki (Giappone, ad est di Tokyo ed al largo di Tateyama, Shimoda e Nojima Zaki), portando con sé anche Zampagni.
La Teian Maru fu una delle primissime navi di bandiera giapponese ad essere affondate da sommergibili statunitensi durante la guerra del Pacifico, la prima in un’azione notturna; detenne anche, insieme al piroscafo Ada (Ataka Maru sotto bandiera nipponica), il triste primato di unica nave italiana affondata dagli Alleati nel conflitto del Pacifico, mentre ancora l’Italia faceva parte dell’Asse.


Morirono nell’affondamento del Venezia Giulia:


Fausto De Conradi, ufficiale di coperta, da Trieste

Arturo Duimovich, da Lussinpiccolo

Romeo Ranzato, da Trieste

Pietro Sepcich, da Parenzo

Enrico Severi, da Trieste

Matteo Sovich, da Cherso

Luigi Usilla, da Rovigno

… Zampagni, primo ufficiale

Non è noto il nome della nona vittima; è possibile che si trattasse di un militare o civile giapponese.


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